La strada che va da Rovaniemi su, su al nord, passando per Sodankyla, costeggiando il fiume fino ai fiordi, si inoltra nel bosco fitto della Lapponia finlandese in mezzo alla neve e al ghiaccio invernale, che solo d’estate lasciano il posto alla steppa e alle zanzare.
Se all’altezza di Peurasuvanto lasciaste la strada e vi inoltraste un po’ a ovest, in mezzo alla foresta, scoprireste che gli alberi diventano così fitti che il sole non filtra mai, neanche d’estate.
E più andate avanti e più gli alberi sembrano stringersi intorno a voi, quasi impedendo il passaggio, che diventa sempre più difficile, sempre più impervio, finché non diventa evidente che proseguire è impossibile.
Ma proprio lì, nel punto in cui andare avanti sembra un’impresa disperata, se voi riusciste a farvi largo tra i rami nodosi e il ghiaccio d’acciaio, e ad avanzare anche solo di poche decine di metri, improvvisamente davanti a voi si aprirebbe una radura enorme, circondata dagli alberi che intrecciano le chiome sopra di essa per proteggerla dagli sguardi indiscreti di aerei e satelliti, ma libera per centinaia e centinaia di metri.
In mezzo a questa radura vi è un edificio immenso, apparentemente di un solo piano, decorato con luci e ghirlande natalizie, che per quanto grande possa sembrare è solo una piccola parte della costruzione che scende giù sottoterra, per decine e decine di metri, quasi un grattacielo rovesciato.
Costeggiando l’edificio, camminando per un bel po’ perché è veramente grande, si arriva sul retro ad un recinto che si perde a vista d’occhio nella radura immensa, dove pascolano tranquille migliaia e migliaia di renne addobbate con un piccolo tappetino rosso e un campanello al collo.
Dentro l’edificio invece l’attività ferve.
E’ il 24 dicembre, e non c’è più tempo da perdere.
I due uomini che passeggiano vicini non potrebbero essere più differenti.
Uno è un uomo imponente, vecchio, di età indefinibile, robusto ma non grasso, con una barba bianca che si appoggia su un maglione di lana bianco e rossa, su dei bei pantaloni di flanella grigi.
L’altro è piccolino, con gli occhiali, e ha lo sguardo fisso su un tablet dove scorrono numeri in successione rapidissima.
Passeggiano lentamente lungo corridoi lunghissimi che si snodano all’interno dell’edificio, mentre intorno a loro c’è un andirivieni di persone con scatole, pacchi, telefoni cellulari incollati all’orecchio per dettare ordini, persone che salutano, persone che corrono, persone che rotolano inciampando ai tavoli e le sedie che coprono quasi interamente una sala immensa.
Tutto è improntato ad una organizzatissima frenesia.
– Come stiamo andando? – domanda l’uomo con la barba bianca.
Il piccoletto si aggiusta gli occhiali, dà un’occhiata ai numeri, e senza alzare lo sguardo dice:
– Tutto come previsto. Abbiamo dovuto incrementare la produzione perché indiani e cinesi negli ultimi anni si sono dati da fare e ci troviamo venti milioni di bambini in più da servire. –
– Ahem… – si schiarisce la voce l’omone.
Il piccoletto alza la testa e arrossisce di fronte allo sguardo di rimprovero di Babbo Natale.
– Ah eh, sì, beh, intendevo dire che l’incremento delle nascite ha richiesto un aumento della produzione, ma comunque il dipartimento di statistica tiene la situazione sotto controllo, quindi la produzione è stata adeguata. –
– Bene, bene – dice distratto l’omone con le braccia dietro la schiena, mentre lo sguardo vaga dalla sala in piena attività alla notte senza luna che si intravede dalle finestre innevate.
– Le renne sono pronte? – chiede poi
– Sì, certo, siamo già partiti; abbiamo mandato da tempo le prime squadre a est, man mano che il sole tramonta finiremo il giro, sta tutto andando come previsto, dovremmo finire tra poco. – conclude dando un’occhiata ad un orologio di Topolino, chiaro avanzo di qualche sovrapproduzione.
– A proposito – chiede il piccoletto – lei pensa di andare? –
L’omone scuote la testa.
– No, no, quest’anno salto. Abbiamo organizzato una conferenza interplanetaria del Natale. L’ha voluta il Capo – e così dicendo indica con un dito verso l’alto – dice che finché siamo svegli è meglio che ci parliamo. Pare che su un paio di pianeti ci sia un problema di disponibilità di animali simili alle renne e non sanno più come portare i regali. Prima lo facevano a mano, ma adesso anche lì l’esplosione demografica ha creato un problema. –
– Mi domando, ma non ci poteva pensare prima, mentre creava… –
– Ahem!!! – stavolta il tono è più grave.
Il piccoletto sembra farsi più piccoletto, incassa la testa nelle spalle.
– Non velevo essere irrispettoso verso il Capo, era solo un commento… –
– Lo so, ma noi non siamo autorizzati a discutere le decisioni del Capo, Lui sa meglio di noi cosa è giusto e cosa no. E comunque – continua sospirando – mi sto facendo vecchio sul serio, lascio volentieri il lavoro più divertente ai giovani, io mi farò questa noiosa conferenza interstellare e poi mi metto giù a riposare. Ci rivediamo verso fine novembre prossimo. –
Fa un leggero sbadiglio, Babbo Natale, e sta per chiedere qualcos’altro, ma in quel momento li interrompe un tizio alto, magrissimo, con un cappello da postino e una giacca blu che si intona al personaggio.
Arriva di corsa, si ferma davanti ai due e fa una specie di saluto militare: si vede che ci tiene a sembrare irreggimentato.
Babbo Natale lo guarda con rassegnata cortesia, mentre il piccoletto non nasconde la sua irritazione.
– Tutti i pacchi consegnati entro le 23.59! – urla con voce stentorea.
– Come sempre – mormora il piccoletto infastidito da tanta retorica. Ma dalla sala scatta comunque un applauso soddisfatto: sono tutti li per quello, il loro unico scopo nella vita è consegnare tutti i regali in una notte, e sono tutti felici di aver fatto il loro dovere, per poi scendere nelle viscere dell’edificio e dormire sereni per un altro anno.
– Benissimo – dice sorridente Babbo Natale – direi che mentre voi sistemate la sala comando e la mettete in stand by per l’anno prossimo, io vado nel mio ufficio per part… –
Improvviso, un suono lacera l’aria.
Una sirena comincia ad urlare, delle luci rosse lampeggianti si accendono mentre tutti i presenti si immobilizzano, e gli altoparlanti iniziano a gridare:
– Allarme rosso! Allarme rosso! Pacco non consegnato! Ripeto: pacco non consegnato! Allarme rosso! Allarme rosso! Allarme rosso! –
– Stacca l’allarme!!! – urla Babbo Natale con le mani sulle orecchie.
Il piccoletto digita freneticamente sul suo tablet finché improvviso come era venuto il suono si calma e le luci si spengono.
– System override. – dice soddisfatto il piccoletto.
Il silenzio che permea la stanza è denso di preoccupazione.
Babbo Natale si lascia cadere su una poltrona, poi si rivolge al tizio alto e magro:
– Non hai detto che avevate consegnato tutto? Vi è forse sfuggito un pacco? –
Il tizio ha gli occhi sbarrati per il terrore, mentre parla attraverso un piccolo dispositivo inserito nell’orecchio. Usa una lingua incomprensibile, ma si capisce che è ansioso e preoccupato.
Dopo qualche minuto chiude la conversazione e rivolge lo sguardo a terra.
Babbo Natale si sporge sulla poltrona e ripete:
– Avete mancato una consegna? – lo dice in maniera pacata ma si capisce che è arrabbiatissimo.
Il tizio manda giù, si schiarisce la gola, o quello che è, e poi risponde sommessamente:
– Siamo andati all’indirizzo giusto ma non c’era nessuno. –
Babbo Natale si alza di scatto, mentre il piccoletto sbraita:
– Non è possibile! Le nostre liste sono esatte. Lo sono sempre, non sbagliamo mai! –
– Eppure è così – dice lo spilungone seccato. – All’indirizzo che ci avete dato non c’era nessuno. Né bambini, né genitori, cani, gatti, nessuno. La squadra ha perlustrato tutto il vicinato, ma non c’era nessun bambino senza regali. –
– Questa cosa è inaccettabile. Voglio capire cosa è successo e trovare quel bambino. Non voglio macchiare il mio record. Quanti anni sono che non manchiamo una consegna? – chiede Babbo Natale al piccoletto.
– Duecentododici – risponde pronto.
– Ecco, non vorrei dopo duecentododici anni andare dal Capo e dirgli che da qualche parte c’è un bambino senza regali. Voglio sapere che cosa è successo e come possiamo rimediare, e lo voglio sapere ora! –
Nessuno dei presenti ha mai visto Babbo Natale così arrabbiato, e anche se i suoi scatti di ira sono proverbiali così come i suoi gesti di generosità, tutti restano in silenzio.
Nel frattempo il piccoletto si siede ad una scrivania per stare più comodo, comincia a parlare con qualcuno collegato al suo auricolare mentre digita sullo schermo.
Lavora per qualche minuto, ad un certo punto diventa anche rosso di rabbia, poi si calma. Riprende a parlare e gesticolare e alla fine chiude la connessione e il tablet.
– Hanno traslocato. Il 24 pomeriggio. –
– Che coooosaaaa!?! – dicono in coro Babbo Natale, lo spilungone, e un centinaio delle persone presenti che stanno seguendo la scena.
– E’ così. Il bambino e i suoi genitori si sono trasferiti il pomeriggio della vigilia, per questo nella lista c’era un indirizzo sbagliato. Ora abita sempre nella stessa città, ma in Via dei Merletti, 48. Ed è senza regali. –
Per un momento restano tutti in silenzio all’orribile idea di un bambino senza regali, poi è lo spilungone a parlare:
– Beh, mandiamo una squadra con le renne, e lasciamo i regali. Che differenza può fare? –
Babbo Natale lo fulmina con lo sguardo. Ora è accigliato, e non sembra più il bonario nonno di pochi minuti fa.
– Stai scherzando, spero. – dice mentre lo spilungone abbassa gli occhi a terra. – Prima di tutto ormai saranno svegli e non avranno trovato i regali. E come fai a lasciarglieli senza farti vedere? E poi abbiamo fatto soffrire un bambino, e sai come la pensa il Capo sui bambini. –
– Lasciate che vengano a me. – cita a memoria il piccoletto.
– Esatto. – annuisce Babbo Natale, grave.
Fa una pausa di riflessione. Poi si guarda intorno, tutti pendono dalle sue labbra: duecentododici anni di ininterrotto servizio sono a rischio se non troverà una soluzione.
– Andrò io. – dice alla fine.
– Ohhhhhhhhhh!!!! – il mormorio di stupore è collettivo e pieno di ansia.
Il piccoletto fa mezzo passo in avanti, e poi domanda:
– Vuole andare davvero? Ormai sono… – guarda l’orologio sulla parete, fa un rapido calcolo – le sette di mattina, là. Saranno tutti svegli, la vedranno. Magari qualcuno scatterà una foto, come faremo poi? –
Il vecchio con la barba bianca si tira su i pantaloni di flanella, controlla che la cinghia sia abbastanza stretta, e poi sorride:
– Non penserai che sia ingrassato così tanto da non passare più dai camini, vero!? –
– Ma quali camini…- prova a dire il piccoletto, ma ormai Babbo Natale è uscito dalla sala, dirigendosi verso il recinto.
Esce al freddo invernale della Lapponia ma non sembra neanche percepirlo; si appoggia alla staccionata, fa un breve fischio, e subito sei renne si avvicinano a strofinargli il muso contro il petto.
– Dobbiamo tornare dalla pensione per un po’, che ne dite? – dice mentre carezza il muso delle bestie, che sembrano capire e fanno tintinnare i campanelli freneticamente, mentre Babbo Natale va a prendere la giacca rossa d’ordinanza, per questa imprevista missione.
Via dei Merletti 48 è un condominio di otto piani in una periferia della città. Nelle quattro scale di cui è composto ci sono 43 bambini sotto i dodici anni, tutti hanno ricevuto uno o più regali dalle squadre di Babbo Natale, e ora sono tutti intenti a scartare pacchi.
Babbo Natale li guarda dalle finestre mentre cammina agile sui cornicioni: c’è la bimba dell’interno A5 che ha una bambola di pezza con due bottoni al posto degli occhi e la guarda meravigliata; al B2 un bambino piccolo piccolo sta cercando di spingere una macchina di plastica enorme, ma cade in continuazione, i suoi genitori lo rimettono in piedi ogni volta, ma lui cade di nuovo, ma non piange mai; al C6 due gemelli litigano perché hanno ricevuto due regali esattamente identici, ma quello del fratello è più bello, per entrambi.
Alla fine arriva alla scala D, e si arrampica sulla grondaia fino a guardare dalla finestra del salone dell’interno 10.
Un bambino piange disperato abbracciato alla madre, mentre il padre si passa la mano sui capelli.
I due genitori stanno litigando, anche se cercano di contenersi, ma la disperazione del bambino sta avendo un effetto deleterio sulla loco capacità di controllarsi.
– Ma non gli hai preso niente alla fine? Niente di niente? – sibila la moglie a denti stretti.
– E con che cosa? – risponde il marito allargando le braccia – Ho speso tutto per il trasloco, e per chiudere il contenzioso con il padrone di casa. Sto aspettando che mi paghino quel lavoro, ma i soldi se va bene arriveranno a gennaio, e dobbiamo pur mangiare, no!? E poi c’è la retta dell’asilo, la rata della macchina. Non abbiamo una lira. Niente, neanche per andare al cinema. –
Due lacrime scendono sulle guance della madre, mentre il piccolo le singhiozza addosso.
– Come è stato possibile. Dimmi. Come è successo che ci siamo ridotti così? Avevamo tante speranze, e ora non abbiamo neanche i soldi per un regalo per nostro figlio. Che vita è questa, dimmelo tu, se lo sai. Dimmelo. –
L’uomo affonda sempre di più la testa tra le mani, si sente responsabile, pensa di aver fallito tutto e che ha deluso le persone che più ama al mondo.
– Io sono sicuro che è solo un momento. Abbiamo dovuto lasciare la casa perché non ce la facevamo più a mantenerla, ma il mio libro andrà in stampa in primavera e sono sicuro che venderà bene, e nel frattempo le traduzioni e le ripetizioni ci permettono di vivere decentemente. –
– No, che non viviamo decentemente, non è vero! – urla la moglie facendo sobbalzare il bambino che si è addormentato, sfinito dalle lacrime e dai singhiozzi – Perché se non ci possiamo comprare delle scarpe, non possiamo andare a cena fuori, non possiamo comprare regali a nostro figlio, non è una vita decente. Io non ce la faccio più. Mi dispiace tanto, ma non ce la faccio più. Ieri… –
Lui la guarda, sorpreso, e impaurito.
– Ieri? – chiede timoroso.
Lei abbassa lo sguardo.
– Ieri ho parlato con i miei. Mi hanno detto di tornare a casa. Cosi noi due non saremmo un peso per te, e potresti concentrarti sul tuo libro. E quando le cose dovessero sistemarsi potremmo tornare di nuovo insieme. –
Lui si alza di scatto.
– No! ti prego, no. Aspetta ancora un po’, ce la possiamo fare, è solo questione di tempo, te lo giuro! –
– Ha ragione lui. – dice improvvisamente una voce profonda e roboante.
I due si girano e vedono quest’uomo imponente, vestito con giacca e pantaloni rossi, con un cappello rosso a punta e un sacco sulle spalle.
Il marito si frappone tra l’uomo e la moglie, e prende il cellulare, pronto a chiamare la Polizia.
– Lei chi è? come è entrato a casa nostra? e che ci fa vestito da Babbo Natale? –
– Oh oh oh oh oh! – esplode con una risata l’uomo in rosso.
– Sono vestito da Babbo Natale, perché io SONO Babbo Natale – afferma sorridente. E poi prosegue: – E per quanto riguarda il come sono entrato…beh, dato che non avete il camino permettetemi di mantenere un piccolo segreto professionale. Ma non facciamo rimanere in piedi un vecchio, che ne dite? –
Si siede su una poltrona con un certo fragore, appoggiando il sacco alla sua destra, godendosi le facce stupite dei due adulti, mentre il bimbo dorme in braccio alla mamma.
– Se sono i soldi che vuole, ha scelto la famiglia sbagliata. Non abbiamo una lira. Però prenda quello che vuole, purché non tocchi nostro figlio e se ne vada; non la denunceremo neanche, tanto non troverà nulla da rubare. –
– Oh oh oh oh! – ancora quella risata.
– Ma io non sono venuto a rubare. – dice asciugandosi una lacrima dal troppo ridere – Ma a scusarmi. –
I due si guardano, non capiscono ed è comprensibile.
Hanno passato un periodo di grande stress, i problemi economici, la casa da lasciare all’improvviso, questo lavoro che non arriva, non hanno spazio per la follia.
Il padre si fa coraggio, sta per dire qualcosa, ma proprio in quel momento la voce squillante del bimbo risuona nel piccolo salotto:
– Babbo Natale! –
Il bimbo si è svegliato, vede l’uomo dalla barba bianca vestito di rosso e fa per corrergli incontro, quando il padre lo ferma attirandolo a sé.
– Fermo, non ti avvicinare, questo… –
Non riesce a finire perché il bambino si divincola e corre ad abbracciare l’omone sorridente, che lo stringe forte e completa la frase:
-…è Babbo Natale. Sono proprio io. E sono venuto a scusarmi per non averti lasciato i regali sotto l’albero. Ma avevamo perso l’indirizzo. Sai, anche Babbo Natale sbaglia qualche volta, ma l’importante è non perdere la fiducia e cercare di riparare ai propri errori. –
Prende il grosso sacco appoggiato a terra e comincia ad estrarne dei pacchi colorati chiusi da enormi fiocchi dorati.
– Ecco. – dice mentre gli occhi del bambino si illuminano di felicità e quelli dei genitori di stupore – Questo è il regalo da parte di mamma, questo da parte di papà, poi ne abbiamo uno da parte di tua zia che vive lontano ma ti pensa sempre, uno da parte dei nonni, poi eccone uno dalla tua maestra dell’asilo…e infine…ecco qua! –
Prende dal sacco un pacco enorme, immenso, così grande che non è possibile che fosse dentro il sacco, o almeno questo è quello che si dice il padre, ma evita di commentare.
– Questo è il mio regalo personale per te. Sono le mie scuse per essermi perso l’indirizzo. Ma ora me lo sono segnato bene e non me lo dimenticherò più, te lo prometto. –
Dà un abbraccio forte al piccolo, che si stringe a lui per un momento, poi aiutato dalla madre va a mettere i regali sotto l’albero e comincia a scartarli urlando di gioia.
Babbo Natale si rimette in piedi, si sporge dalla finestra per vedere che tempo che fa poi si volta ancora un attimo e si trova il padre del bimbo di fronte che lo guarda incuriosito, le mani in tasca.
– Io non so come sia uscita fuori questa cosa…né chi l’abbia organizzata, ma comunque grazie. Grazie davvero. –
E’ imbarazzato, ma anche felice per suo figlio.
Babbo Natale lo guarda sorridendo per un attimo, poi mette una mano in tasca e ne prende una busta.
– Non mi deve ringraziare – dice mentre porge la busta – Ho fatto solo il mio dovere, con un po’ di ritardo. Per scusarmi, mi sono permesso di dare un’occhiatina in giro e quello è un ritaglio di giornale di ottobre che parla di lei. –
L’uomo apre la busta, e il ritaglio dice: “Superate le centomila copie per il più grande successo editoriale dell’anno!”.
Alza la testa e dice:
– Ma io non ho pubblicato nessun libro, e a ottobre nessun giornale ha parlato di me! –
Babbo Natale ride di gusto, ora.
– Infatti – dice con uno sguardo ironico – il ritaglio è di ottobre prossimo. Come vede le cose si aggiusteranno. –
L’uomo è esterrefatto, riguarda il ritaglio ed è vero, è proprio dell’anno dopo.
– Io…non so che dire.. come posso ringraziarla di tutto questo? – l’uomo ha la bocca spalancata dallo stupore.
Babbo Natale alza una spalla mentre scavalca il davanzale.
– Non c’è bisogno di ringraziarmi. Solo – dice mentre sta già sparendo dalla vista dell’uomo – la prossima volta…traslocate per tempo. –
Affacciato alla finestra, un ritaglio di giornale che non esiste in mano, il rumore dei regali che non c’erano, l’uomo pensa che, sì: forse andrà bene davvero.